I Cortei hanno dimostrato minor freschezza e rigore rispetto alle scene di parte.
L’impasto confuso tra parole e musica ha costretto ad uno sforzo di attenzione per capire il piccolo racconto.
Il Corteo notturno non ha espresso chiarezza iconografica e coreografica.
I Cortei si sono caratterizzati per le invenzioni di macchine sceniche originali, una relazione matura e giocosa tra musica e parole dando la possibilità di godere di entrambi, qualche confusione nell’ultima pantomima è stata bilanciata dalla bellezza delle maschere e degli abiti e del giro di ruota.
Il prologo, un idea fresca e originale è stato lievemente penalizzato da un briciolo di compiacimento attoriale del “religioso” che forse ha influenzato i giovanissimi attori.
Il dubbio di trovarsi coinvolti in un saggio scolastico scompare davanti allo svelamento del progetto in cui emerge una qualità sorprendente che si conferma nei dettagli che costituiscono l’insieme.
La scenotecnica in perfetta armonia con la tipologia urbana crea un ambiente di grande fascino. I costumi impeccabili non inducono mai nel fiabesco o nel folcloristico, il continuo svelamento scenico ci ha dato il privilegio di partecipare ad una epifania narrativa irripetibile come un fiore con una sola splendida fioritura. come un sogno shakespiriano che a tratti si tinge della barbarie che lo ha ispirato: un travagliato percorso storico giustamente evocato ma non sublimato, anche la curiosa allegoria finale esorcizza la violenza con una lotta tra bene e male accettabile, senza cadere nell’epilogo moralizzante, emerge la freschezza corale, come nella scena della scampanata, ma sorprendono anche i dettagli che arricchiscono l’evento scenico. È da citare almeno come esempio, il gioco dei dadi, il brulicare del mercato, il lavoro delle lavandaie e delle tessitrici, e i profumi che affiorano via via.
Spiccano nel gruppo alcune eccellenze recitative, grazie anche ad un’energia che viene trasmessa nel lampeggiare degli sguardi si evoca la necessità di fuggire in un continuo esilio volontario o forzato, esilio che può avere anche una valenza positiva nella dinamica del viaggio, della lontananza, del confronto con la realtà esterna. La storiografia medievale penalizza i ruoli femminili ma suggeriamo agli autori un futuro sforzo per coinvolgere nel gioco drammaturgico qualche donna in più.
Il prologo è perfetto, ironico senza eccedere in compiacimenti. L’abbattimento della quarta parete che divide attori e pubblico è ben orchestrata grazie all’uso delle foto che attestano la verità di ciò che si andrà a narrare. Le informazioni che riceviamo sono importanti: nessun essere umano è allenato alla concordia. La prima scena è geniale nel porre la giuria all’interno di ciò che avviene. L’apertura delle porte della chiesa, con il defluire continuo della popolazione, costituisce un colpo di teatro raffinato: Il mercato gli improvvisi momenti musicali, tutto riflette un’eccellenza che non trascura nulla e mette in gioco tutto: esperienza, sensibilità, gusto. Interessante il lavoro di copertura con il fieno la paglia e l’erba, lasciando aperto invece lo spazio visivo con magnifici effetti come l’accensione della torre campanara, scelta interessante perché opposta a quella della Parte de Sotto che è stata quella di incanalarci in stradine strette e misteriose dove per cielo vive un tessuto policromo in cui fa da protagonista l’ormone della giovinezza maschile.
Le ragioni di queste scelte opposte sono tante ma di fatto creano un’atmosfera più sacra ed amniotica”di Sotto”, più aperta e giocosa “di Sopra”.
La solarità dell’insieme forse rischia di restituirci una immagine leggermente edulcorata, anche se la prefazione della Festa giustifica l’abbondanza scenica, tutto ci porta ad immaginare un paese del ben godi dove peste, carestie e vendette sanguinarie non sono neanche evocati, come a voler preservare una gaiezza giovanile che ci ricordi i racconti musicali da banchieri. Un teatro sicuramente più tardo rinascimentale che medievale. Vengono introdotti elementi e giochi goldoniani, penso al campiello, alle baruffe e alla bonaria ottusità dei quattro rusteghi. Non per questo è eluso il senso profondo della nascita e della rinascita. Eccellente il lavoro attoriale.
Le feste civiche nelle città tardo-medievali erano anche uno strumento politico per sfogare in modo indolore conflitti, rivalità, odii tra parti e gruppi contrapposti. È quello il principale tema storico rappresentato dal corteo racconto del giorno.
La tensione sale attraverso l’arma e le provocazioni più comuni in quel contesto: l’ostentazione, lo sfarzo esibito, la gara nel lusso e nello spreco.
Prima che la situazione esploda, il potere istituzionale (il podestà) obbliga le parti a una sublimazione dell’odio nella competizione simbolica del tiro alla fune. Così la pacificazione, cioè l’arrivo della Primavera può giungere solo quando – come immaginavano trattatisti e pensatori medievali – la politica è capace di smorzare i conflitti.
Per quanto riguarda la resa visiva, la scelta della continua specularità simmetrica rimanda elegantemente alla metafora dello specchio, molto diffusa nel medioevo.
Il Corteo della sera ruota attorno al tema dello scontro tra stregonerie e riti agrari propiziatori.
Il tema è solo apparentemente “medievale”, poiché il fenomeno stregoneria e la sua repulsione sistematica, storicamente, si sviluppò soprattutto a partire dalla seconda metà del XV sec. e oltre.
Il collegamento con Salomè non appare particolarmente chiaro e pertinente.
Il corteo del giorno mira direttamente al nucleo di significato più profondo dei riti di primavera: l’esaltazione della rinascita della natura primaverile infatti allude al timore della morte.
Con molte finezze, questo tema di fondo viene intrecciato con il ricco filone culturale medievale del dialogo tra vivi e morti o direttamente tra un vivo e la Morte.
Come si addice a una festa laica, persino pre-cristiana, la morale del corteo-racconto non si rifugia in una rassegnazione condita di pentimento, quanto piuttosto in una visione cosmica e naturalistica del rapporto vita-morte. L’uomo per vivere deve nutrirsi (anche spiritualmente, nel medioevo tramite l’eucarestia cristiana, pane e vino come il cibo richiesto dal contadino protagonista); ma il grano per diventare pane e rinascere deve essere tagliato; l’uva trasformata in rivoli di vino che suona come rivoli di sangue.
Il cosmo si rigenera in un continuo sacrificio di se stesso.
Il corteo della sera si ispira a Roman de Fauvel, un testo molto sottile e ironico, che difficilmente si presta a una rappresentazione comprensibile e in forma di corteo pubblico.
La resa è una rappresentazione visivamente ricca e suggestiva ma ridotta nel significato a una generica parodia del sovrano (o capo, o autorità) sottoposto all’imprevedibile Fortuna. La contrapposizione Fortuna-ragione appare infine un poco meccanica e schematica.
Complessivamente, il genere narrativo ed espressivo rimanda alle leggende di fondazione di un luogo sacro, il racconto cioè delle vicende che hanno portato all’edificazione della chiesa di S.Giacomo. Nella realizzazione concreta della narrazione ci si è sapientemente ispirati alle contaminazioni di due altri generi medievali: 1) la novella, con due intrecci paralleli, una comico goliardica (la scampanata notturna, un vero e proprio charivari medievale); e l’altro drammatico politico (la vicenda degli esiliati).
2) la sacra rappresentazione, svolta nei due ultimi quadri, e introdotta dallo stacco dei bimbi – “angeli” musicanti. Da tutto questo risulta un percorso narrativo avvincente in cui lo spettatore è coinvolto dal meccanismo fondativo della narrazione novellistica: la voglia di sapere come va a finire la storia. Il tema dominante, il motore che muove azioni e reazioni, è la passione familiare. Un tema insidioso, perché costante in tutte le epoche storiche.
L’elemento strutturale di maggiore originalità, da un punto di visto storico-antropologico, è stato il concentrarsi sulle valenze politiche e sociali dei legami familiari, evitando di insistere su possibili rapporti di coppia (marito-moglie) che possono facilmente indurre all’anacronismo, vista la loro radicale diversità dai secoli più recenti.
È l’amore di famiglia, più che l’affetto, aspergere Baccio a disonorare la figlia del podestà; è l’amore di famiglia che fa perdere le staffe al fratello penitente in taverna (le battute sulla madre); e anche il lieto fine deriva indirettamente da una logica di salvaguardia degli interessi familiari, poiché il podestà perdona i banditi solo perché minacciato dalla denuncia della parzialità per un parente.
Anche l’amore erotico è molto presente, ma svincolato dal matrimonio (effettivamente, nel medioevo era tutto fuorché una libera scelta basata sull’attrazione reciproca). L’erotismo della storia è tutto “medievale”, cioè clandestino o illecito; per godere dell’oggetto del desiderio ci si deve travestire, addirittura “cambiare” sesso. Oppure, ritrovarsi nella tiepida complicità di una stanza.
Complessivamente, il tono narrativo ed espressivo rimanda ai generi letterari medievali dell’allegoria personificata, del racconto onirico, della disputa e del contrasto amoroso, ma anche da altri temi medievali (amicizia personale contro fedeltà di parte; identità personale basate sulle origini di sangue, dunque ereditata, contro identità personale basata sulla educazione ricevuta, il contesto delle proprie esperienze di vita, a prescindere dal sangue degli avi).
Un riferimento dunque a un medioevo colto, per un pubblico aristocratico, attento a cogliere stimoli per le propria edificazione morale. L’atmosfera intimistica e riflessiva però è molto abilmente controbilanciata dall’intreccio continuo con il filone letterario e immaginario delle feste dell’abbondanza: cibo, donna, musica etc..
Da tutto questo risulta un percorso rappresentativo che, come le dotte allegorie medievali, può essere letto in molteplici livelli di significato.
In questo caso, il meccanismo che lega lo spettatore è un passaggio continuo dalla visione della scena alla propria interiorità, dai sensi (vista, udito etc..) all’anima.
L’elemento più originale, storicamente e antropologicamente, consiste nell’aver colto e soprattutto realizzato con l’intreccio di spazi e parole, la dimensione caratteristica dell’immaginario medievale: la verticalità.
Il corpo è in basso, nelle vie dei mercati con le esposte, i cibi etc..; ma anche nelle miniature più raffinate , come i verger des délices, dove l’intelletto si esercita in brillanti conversati d’amore, mentre i sensi sono sollecitati dalla musica, dal canto, dai fiori e dalla vista di amabili creature.
Le passioni e sentimenti sono a un livello intermedio dove le passioni ben regolate e riconciliate si stagliano nello sfondo di un rosone da cui si intravede il cielo, il Paradiso a cui chi controlla con amore e saggezza il proprio animo è destinato. Ancora più in alto, dopo una tattica ascesa sulle scale della purificazione, si arriva al confine tra cielo e terra, sotto le volte ultime che sorreggono il Creato. Uno spazio senza tempo, in cui si è solo spirito.
Intonazione: discreta (calato di un semitono)
Fusione: buona
Interpretazione: buona
Qualità timbrica: buona
Dizione: buona
Intonazione: buona (un po’ cresciuto)
Fusione: buona
Interpretazione: buona
Qualità timbrica: discreta
Dizione: buona
Intonazione: buona
Fusione: buona
Interpretazione: buona
Qualità timbrica: buona
Dizione: buona
Giudizio: qualche problema di insieme
Intonazione: molto buona
Fusione: buona
Interpretazione: molto buona
Qualità timbrica: discreta
Dizione: buona
Giudizio: particolarmente apprezzata l’interpretazione con le variazioni nella seconda strofa
Intonazione: buona
Fusione: molto buona
Interpretazione: molto buona
Qualità timbrica: molto buona
Dizione: molto buona
Giudizio: ottima resa di un brano corale particolarmente impegnativo
Intonazione: buona
Fusione: buona
Interpretazione: discreta
Qualità timbrica: buona
Dizione: buona
Giudizio: il tempo iniziale un pò veloce ha trovato più “mite consiglio” nel corso del brano verso una maggiore chiarezza nel contrappunto
Repertorio: buono ed adeguato ai contesti scenici
Interpretazione: curata ed in stile
Giudizio: nel corteo del giorno l’utilizzo della musica è stata un po’ sovrabbondante. Un particolare apprezzamento per il coro e l’ensemble dei bambini e per le dinamiche molto curate dei tamburi.
Repertorio: ottima scelta di repertorio ed assai ricercata
Interpretazione: molto curata e in stile con un particolare plauso alle voci soliste
Giudizio: nel corteo del giorno apprezzato l’utilizzo dell’alternanza tra musica e recitazione. Molto apprezzata la poliritmia dei tamburi.
Claudio Ricci Sindaco di Assisi
Rita Pennacchi
Elodia Lazzari Vice Presidente
Lucia Fiumi
Alberto Capitanucci Parte de Sopra
Francesca Menichelli Parte de Sopra
Francesco Vignati Parte de Sotto
Gianfranco Casagrande Parte de Sotto
Rino Ciavaglia
Gianfranco Chiappini
Tiziana Speziali
Maurizio Sensi Ente Calendimaggio
Donatella Casciarri Parte de Sopra
Mara Bernardini Parte de Sotto
Valeria Pecetta Priore Parte de Sopra
Stefano Venarucci Gran Cancellario Parte de Sopra
Massimiliano Della Vedova Priore Parte de Sotto
Diego Tardioli Gran Cancellario Parte de Sotto
Alberto Bettoli
Mario Tedesco Presidente
Catia Roscini Vice Presidente
Luigi Rossetti Effettivo Parte de Sopra
Maurizio Orbi Supplente Parte de Sopra
Carmelo Caratozzolo Effettivo Parte de Sotto
Alessandra Betti Supplente Parte de Sotto
Antonello Fagotti Presidente
Carlo Roberti Effettivo Parte de Sopra
Pierluigi Sensi Supplente Parte de Sopra
Michele Fiore Effettivo Parte de Sotto
………………… Supplente Parte de Sotto
Pio De Giuli
Andrea Ponti
Paolo Scilipoti
Claudio Menichelli
Giammario Baldoni
Giuseppe Bertoldi